Spazio

I veicoli spaziali

hubble

Il vuoto dello spazio inizia a circa 80 km di quota. In realtà c’è ancora traccia dell’atmosfera terrestre ben al di sopra, ma oltre i 200 km la densità è così bassa da non riuscire a frenare in modo apprezzabile il moto di un veicolo spaziale. Proprio per questo motivo un veicolo spaziale viene posti in orbita a quote così elevate. Grazie però all’assenza di atmosfera, i nostri veicoli non necessitano di ali o di forme aerodinamiche per muoversi nel vuoto spaziale.

I veicoli spaziali che orbitano attorno alla Terra sono chiamati satelliti artificiali. I veicoli destinati ad esplorare altri corpi celesti sono chiamati sonde spaziali. L’architettura dei satelliti e delle sonde è molto simile dal punto di vista ingegneristico.
Senza la necessità di ali, il veicolo può assumere la forma di qualsiasi solido euclideo.

Importante è il centro di massa ed il baricentro, per garantire stabilità al veicolo ed evitare moti parassiti. Pertanto si procede quindi a realizzare la struttura portante, lo scheletro su cui poi verranno fissati tutti i sistemi di bordo. Questi sistemi sono destinati al raggiungimento della missione alla quale è destinato il nostro veicolo, quindi ai sistemi di telecomunicazioni, all’elaboratore elettronico, gli eventuali impianti di termoregolazione (ci sono apparati che esigono il caldo, altri il freddo), i razzi di manovra, i sistemi di navigazione ed infine i generatori d’energia.

Tipologie di veicoli spaziali

I satelliti artificiali, indipendentemente che siano d’uso militare, scientifico e commerciale, si possono distinguere in satelliti per:

  • telecomunicazioni (radio, TV, internet, ecc.)
  • ambientali (mappano in continuazione il nostro pianeta con fotocamere all’infrarosso, radar, ecc.)
  • scientifici (sensori rivolti verso lo spazio o destinati a rilevare il valore dele radiazioni, ecc.)
  • meteorologici
  • per la navigazione (i più noti sono quelli della serie GPS, non c’è molto da aggiungere)
  • nel caso dei militari anche satelliti armati(dispositivi anti satellite o anti missile).

Le sonde spaziali spesso fondono assieme le caratteristiche di diversi tipi di satellite. Hanno anche la possibilità di far sbarcare moduli appositi su altri corpi celesti, detti Lander, e talvolta adatti anche a muoversi, detti rover.
Per quanto riguarda i satelliti ed i loro carichi paganti, c’è una tale vastità e varietà di dispositivi che poche pagine non bastano a descriverli tutti.

Controllo di un veicolo spaziale

Non basta spedire il nostro veicolo sulla giusta traiettoria, occorre anche che esso abbia una stabilità e una manovrabilità adatta al tipo di missione. Un modo semplice è quello di disporre le masse all’interno in modo da creare uno squilibrio tra centro di massa e baricentro. Così facendo il veicolo nello spazio si orienterà con il centro di massa in direzione del movimento, sebbene questo non escluda l’instaurarsi di fastidiosi moti parassiti. Un altro metodo per garantire stabilità all’assetto del veicolo è farlo ruotare rapidamente su uno dei suoi assi.

Piattaforma inerziale

L’effetto giroscopico impedisce al veicolo di cambiare assetto, preventivamente voluto già in fase di progetto. Un tipo particolare è quello che sfrutta la piattaforma inerziale. Questa è un complicato sistema di giroscopi in grado di fornire i valori di posizione ed orientamento di un veicolo. Attraverso i razzi di manovra il veicolo mantiene l’orientamento o lo cambia se richiesto. Infine vi è un sistema di controllo attuato da sensori puntati su determinate stelle. Al minimo movimento rispetto alla stella, il computer di bordo risponde accendendo i razzi di manovra. Si può capire che i sistemi di controllo sono diversi e che si prestano meglio a certe attività piuttosto che ad altre. Per esempio la piattaforma inerziale è adatta a satelliti come il telescopio spaziale Hubble (HST) che devono spesso cambiare orientamento.

Generatore di energia

I primi veicoli erano ovviamente dotati di accumulatori che però non avevano una grande autonomia. Gli accumulatori non bastavano, ma non era neppure possibile spedire nello spazio dei moto-generatori, quindi si decise di sfruttare l’energia solare con pannelli fotovoltaici.

La tecnologia è oggi così collaudata che ha raggiunto livelli d’affidabilità e rese energetiche notevoli. Il problema è che spesso i satelliti entrano nel cono d’ombra della Terra. In questo caso accumulatori ricaricabili sono pronti a sostituire l’energia fotovoltaica temporaneamente assente. Per garantire continuità energetica senza dipendere dal Sole, là dove possibile, si usano le celle a combustibile. Sono speciali contenitori dove viene provocata una combustione lenta dell’idrogeno con l’ossigeno grazie ad un materiale catalizzatore, che assorbe l’energia elettrica che si sviluppa nella reazione controllata. Ovviamente il veicolo dovrà essere dotato di capaci serbatoi per i propergoli extra.

Infine, non volendo portarsi appresso serbatoi extra, si può ricorrere alla fissione atomica. E’ possibile convertire in energia elettrica il calore prodotto da reazioni di fissione o utilizzare radio isotopi che producono particele Beta o elettroni. Questi generatori trovano largo impiego su sonde spaziali, che avventurandosi oltre l’orbita terrestre spesso non trovano abbastanza luce solare, oppure quando occorrono grosse quantità d’energia subito disponibili.

Il lancio di veicoli dotati di energia atomica preoccupano molto per i rischi in caso d’incidente. La quantità di materiale fissile presente a bordo è troppo piccola per generare esplosioni catastrofiche o contaminare vaste aree, comunque resta un rischio, anche se di vastità limitata.

Fine vita di un veicolo spaziale

Terminata la vita operativa si deve decidere la fine del veicolo. Se trattasi di un satellite, un tempo lo si lasciava orbitare in attesa della sua caduta, ma si trattava spesso di piccoli oggetti. Oggi i satelliti sono molto grandi e nell’impatto con l’atmosfera terrestre qualche frammento può non disintegrarsi e fare danni cadendo sulla Terra. Dove è possibile, si pilota la caduta del satellite in modo che i suoi eventuali frammenti cadano in un oceano o in un deserto, altrimenti lo si sposta in un orbita cimitero (meglio discarica) più alta, dove il tempo di caduta naturale si calcola in secoli e lasciando ai posteri il compito di ripulire lo spazio. Per le sonde spaziali invece o sono abbandonate in orbita solare oppure sono mandate a disintegrarsi nelle atmosfere dei corpi celesti che hanno esplorato o ci si schiantano contro se atmosfera non c’è.

Ci sono però dei veicoli che invece, per la natura della loro missione, devono tornare sulla Terra integri, oppure devono sbarcare su altri corpi celesti. Ai primordi dell’astronautica si credeva ingenuamente che un veicolo dal pronunciato profilo aerodinamico e dotato di un consistente spessore d’acciaio avrebbe potuto immergersi in qualsiasi atmosfera senza danni. I primi esperimenti però mostrarono che profilo ed acciaio erano nettamente insufficienti. Le temperature che si sviluppavano a causa dell’attrito con l’atmosfera superava tranquillamente i mille gradi centigradi. La prima soluzione fu quella di realizzare degli scafi molto spessi là dove l’attrito era maggiore, ma essendo parte integrante del veicolo, una volta arrivato a terra il veicolo diventava inutilizzabile.

Scudi termici

Anche la realizzazione di scudi termici non migliorò molto la situazione. Ancora oggi molti veicoli usano una protezione che potremmo definire passiva. Una quasi attiva fa ricorso ad un principio della fisica noto come ablazione.

Costruendo uno scudo termico formato da strati di acciai diversi, nell’impatto con l’atmosfera il primo strato si surriscalda fino all’incandescenza e da qui allo stato liquido, che per azione della pressione dell’aria si sposta. Spostandosi raffredda lo strato successivo che si presenza all’azione riscaldante dell’attrito a temperatura più bassa. E così via fino all’ultimo strato, ma a amano a mano che il veicolo s’addentra nell’atmosfera, la sua velocità diminuisce e con essa l’effetto riscaldante. Anche questo veicolo però, una volta arrivato a terra, è inutilizzabile.

Per salvare il veicolo e renderlo riutilizzabile occorre rivestirlo di speciali rivestimenti ceramici e di grafite, capaci di resistere alle elevate temperature che si generano nella fase di rientro. Applicate con collanti alla struttura esterna di un veicolo lo proteggono efficacemente, ma sono molto fragili ed occorre controllare che siano sane, prima del rientro.
Superata la fase del rientro, arriva il momento dell’atterraggio. In quest’ultima fase il veicolo può essere totalmente privo di carburante, quindi se può si libera dello scudo termico e si affida ad un paracadute per frenare la caduta. Poco prima dell’atterraggio possono entrare in azione degli speciali razzi frenanti, oppure il veicolo si sgancia dal paracaduze e grazie a speciali palloni rimbalzerà sulla superficie finché non si ferma.

Nel caso il sito d’atterraggio sia privo d’atmosfera ovviamente tutta la discesa e l’atterraggio dovranno essere eseguiti con appositi razzi frenanti. Un caso particolare fu quello di alcuni satelliti militari che venivano recuperati da speciali aerei mentre ancora scendevano appesi al paracadute.

Commenti

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.