Spazio

La propulsione a razzo

Razzo

Che nello spazio ci fosse il vuoto era noto agli astronomi del diciannovesimo secolo. Anche Jules Verne lo sapeva. Quando scrisse il romanzo “Dalla Terra alla Luna” si pose il problema di come fare a volare nel vuoto. Tutti i mezzi di locomozione allora in uso non erano idonei. Poi ebbe l’intuizione di sparare un proiettile verso la Luna. A quei tempi c’era già una forma di propulsione idonea al volo spaziale, ma Verne non la tenne in considerazione. Fu il russo Konstantin Tziolkovskij a pensare che la propulsione a razzo fosse la propulsione ideale per muoversi nello spazio.

Storia della propulsione a razzo

La propulsione a razzo si basa sull’applicazione diretta del terzo principio della dinamica. Tziolkvskij ebbe la conferma del principio guardando dei ragazzini che saltavano da una carrozza abbandonata in un parco. Quando un ragazzino saliva sulla carrozza e si lanciava a terra da dietro, la carrozza si muoveva in avanti. Il contrario se un ragazzino si lanciava davanti, la carrozza si muoveva all’indietro.

Tziolkovskij però doveva combattere con i pregiudizi degli scienziati del suo tempo che sostenevano che senza un punto d’appoggio, ogni movimento era impossibile. Per loro l’elica di una nave non spostava l’acqua dal davanti verso l’indietro, ma “trivellava” l’acqua e spingendo sulla stessa muoveva l’imbarcazione. Tziolkovskij però non si fece scoraggiare e produsse molti saggi sull’uso della propulsione a razzo nello spazio. I razzi a combustibile solido che allora venivano utilizzati non erano idonei, perché utilizzavano l’aria ambientale come comburente. Tziolkovskij comprese che nello spazio ci si doveva portare appresso combustibile e comburente e che la forma liquida era quella meglio gestibile.

Come lui, l’americano Robert Goddard la pensava allo stesso modo. Anche lui schernito dal mondo scientifico, si prese la sua rivincita quando riuscì ad accendere un suo prototipo di razzo a combustibili liquidi in una macchina a vuoto spinto.

Funzionamento della propulsione a razzo

Lo sviluppo della propulsione a razzo per il volo fu lento. Il principio che ne è alla base è semplice. In un involucro mettiamo una miscela di combustibile e l’attiviamo. Questa produce gas ad alta temperatura e pressione che cercano una via d’uscita. Ai lati vi sono le pareti che oppongono resistenza e fanno rimbalzare i gas. Questi spingono sulla testa dell’involucro e scaricano la loro energia mentre i gas escono dalla direzione opposta attraverso l’ugello di scarico. In presenza di una strozzatura prima dell’ugello di scarico, la pressione nel cilindro aumenta e con essa la spinta sulla testa.

Motori di un razzo

Questo è lo stesso principio di un’arma da fuoco. La propulsione a razzo insomma sfrutta quello che nelle armi è denominato il rinculo.

Per generare una combustione, occorrono tre componenti: il combustibile, il comburente e l’innesco. Il combustibile è, per esempio, la benzina. Il comburente è l’ossigeno. L’innesco è una scintilla che scocca tra due elettrodi. Senza uno di questi tre fattori non si ha combustione. Nel caso del motore a scoppio, la benzina è contenuta in un serbatoio e viene risucchiata da un’apposita pompa. L’ossigeno viene preso direttamente insieme all’aria e la scintilla è generata da un’apposita candela.

Per la propulsione a razzo, la quantità di combustibile da bruciare è così elevata che non è possibile utilizzare l’ossigeno atmosferico. L’aria non contiene solo ossigeno, ma anche azoto, anidride carbonica e vapore acqueo, che non sono facilmente filtrabile. Questi gas se iniettati nella camera di combustione di un razzo interferiscono con la combustione. Nello spazio poi l’ossigeno non c’è affatto, ecco quindi la necessità di provvedere ad iniettare, nella camera di combustione, combustile e comburente puri. Queste due sostanze, in termini astronautici, sono definiti propergoli.

Componenti di un propulsore a razzo

Un razzo è composto da un involucro, ovvero la camera di combustione, solitamente cilindrico con una estremità aperta. Qui si trova una strozzatura, opportunamente sagomata, e subito dopo il cono dell’ugello di scarico. Nessuna componente meccanico è direttamente coinvolto nella produzione del moto. Per questo la propulsione a razzo è considerata una delle più efficienti forme di propulsione esistenti, perché priva di attriti meccanici. Sebbene il principio di funzionamento sia banale, risults molto difficile da realizzare. Durante la Seconda Guerra Mondiale la Germania nazista spese, per sviluppare la propulsione a razzo, molto più di quanto spesero gli Stati Uniti d’America per realizzare la bomba atomica.

Ugelli motore

Nelle armi da fuoco la camera di scoppio e la canna sono in acciai speciali e molto spessi, per resistere alle pressioni ed alle alte temperature. Nei motori a pistoni il raffreddamento è ottenuto convogliando un flusso d’aria o di liquido contro le pareti esterne del cilindro. I razzi invece non possono essere realizzati con spessori eccessivi degli involucri e non possono nemmeno essere raffreddati. Si rischia la fusione della camera di combustione soprattutto considerando che nei razzi la combustione è continua. Inoltre un impianto di raffreddamento costituisce un peso eccessivo. Troppo peso e troppe complicazioni.

Da qui la necessità di realizzare camere di combustione leggere e resistenti. Per arrivare a ciò occorrono materiali nuovi che mettono a dura prova le conoscenze tecniche e scientifiche.

Propergoli

Inizialmente furono usate miscele varie come combustibili, ma alla fine si è arrivati a stabilire quali sono i combustibili e relativi comburenti più idonei. I più usati sono la combinazione kerosene-ossigeno (in realtà il normale combustibile usato dai moderni jet ed ossigeno), idrogeno-ossigeno (entrambi in forma liquida) oppure dei propergoli chimici fortemente acidi (molto tossici).

L’ossigeno e l’idrogeno sono solitamente in in forma liquida. Il vantaggio di propergoli criogenici è che possono essere usati anche per raffreddare il razzo stesso. L’idrogeno e l’ossigeno liquidi non necessitano neppure di un innesco perché detonano appena entrano in contatto. Si comprende subito che ciò che viene iniettato in camera di combustione non sono sostanze consuete, come ad esempio la benzina.

Propulsione a razzo chimica

I razzi a combustibili liquidi sono i più usati specialmente se c’è la necessità di variare la spinta o se devono essere accesi e spenti più volte. In campo astronautico ci sono anche razzi a combustibile solido, usati solo per il volo in atmosfera.

Sono costituiti da un involucro che contiene una “barra cava” di combustibile. La cavità del combustibile funge da camera di combustione. A seconda di come è sagomata è possibile fare in modo che il razzo modifichi la sua spinta. Ovviamente la sagomatura deve essere adeguata al profilo della missione. I razzi a combustibile solido, una volta attivati, non possono più essere spenti né è possibile variare a piacere la loro spinta. Generalmente il combustibile impiegato sono gelatine e polveri, spesso inerti a scariche elettriche o alle fiamme libere. Avviano però dei processi a catena, molto energetici entrando in contatto con determinate sostanze.

spacex

Per il volo spaziale si utilizzano speciali miscele chimiche come l’idrazina, che contengono combustibile e comburente. Convogliate nella camera di combustione, s’attivano con una scarica elettrica. Tali carburanti sono altamente corrosivi ma si conservano liquidi in ogni condizione ambientale. Realizzare impianti per il loro stoccaggio e trasporto non comporta particolari difficoltà tecniche. Sono di uso frequente per i razzi di manovra, meglio noti come razzi vernieri, di qualsiasi veicolo spaziale.

Propulsione atomica

Oltre ai razzi a combustibili chimici, ve  ne sono altri tre tipi: la propulsione atomica, la propulsione a fusione nucleare e la propulsione a ioni.
La propulsione atomica si ottiene facendo passare un fluido dentro ad un reattore a fissione o simile. Il fluido assorbe il calore, aumenta la sua energia e quindi la pressione. Tale fluido, passando per l’ugello di un razzo, genera spinta. Tale propulsione è stata testata con successo nello spazio mentre sono stati eseguiti degli esperimenti in atmosfera prima delle moratorie internazionali sugli esperimenti atomici. I risultati sono stati tutti molto positivi, ma tale propulsione è stata abbandonata per i possibili danni ambientali.

La propulsione a ioni si ottiene con un dispositivo che ionizza determinati elementi chimici che, attraverso un campo magnetico, sono espulsi dal propulsore. Il loro movimento all’indietro per reazione genera una spinta in avanti. La quantità di spinta è minima, come minima è la quantità di combustibile che viene ionizzato. Si garantisce però una spinta costante per lungo tempo con consumi quasi irrisori. Con il tempo si ottengono spinte considerevoli, per cui è vantaggioso per sonde spaziali destinate a voli di lunga durata.

Il propulsore a fusione invece è solo allo stadio di progettazione. Il suo principio è simile a quello del propulsore a ioni, ma le spinte sono notevolmente più elevate. Il combustibile ideale è un isotopo dell’elio: l’elio3. Il suo uso, sulla carta, dovrebbe essere rivoluzionario, ma al momento non è fattibile perché non c’è abbastanza elio3 sulla Terra.

Propulsione a vela

L’unica forma di propulsione alternativa al razzo ed impiegabile solo nello spazio è quella della vela solare. Ideata da un discepolo di Tziolkovskij, tale Tsander, essa sfrutta l’effetto dell’urto dei fotoni con una superficie solida. La luce infatti è composta da particelle chiamate fotoni che oltre ad essere radiazioni, hanno anche una piccola massa. Il loro urto provoca una spinta. Se sulla Terra tale fenomeno è verificabile solo in laboratorio, nello spazio, in assenza d’attriti, ogni minima spinta genera movimento. I satelliti artificiali devono spesso correggere la loro orbita a causa della spinta parassita indotta dalla luce solare. Tsander immaginava veicoli sospinti da grandi vele.

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